
Quando è possibile installare una cappa a carboni attivi: cosa dice la normativa
Stai pensando di aprire un ristorante, una pizzeria o un altro locale dove è prevista la cottura di alimenti? Uno degli aspetti più importanti da valutare nella scelta della location è la presenza – o meno – della canna fumaria.
La cappa aspirante è un elemento fondamentale all’interno di una cucina professionale: serve a convogliare fumi e odori verso l’esterno, garantendo un ambiente salubre sia per il personale sia per i clienti. Inoltre, contribuisce alla sicurezza sul lavoro e al rispetto delle normative igienico-sanitarie.
Se il locale che hai individuato non dispone di una canna fumaria, l’installazione può richiedere lavori strutturali importanti. In alternativa, potresti valutare l’uso di una cappa a carboni attivi, che la normativa consente solo in alcune città e a determinate condizioni. A Roma, ad esempio, è possibile solo per specifiche tipologie di locali e alla presenza di determinate condizioni tecniche.
Canna fumaria o cappa a carboni attivi? Tutte le differenze e le caratteristiche
Prima di parlare della cappa a carboni attivi e della normativa di riferimento, è utile chiarire in cosa differisce da una cappa tradizionale.
La cappa aspirante tradizionale è collegata a una canna fumaria, a differenza invece della cappa a carboni attivi che è indipendente e funziona grazie a un sistema di filtri. Il suo principale vantaggio della cappa a carboni attivi è che può essere installata anche in assenza della canna fumaria, una condizione molto frequente nei locali dei centri storici o in edifici vincolati.
Questa distinzione è fondamentale per orientare le scelte progettuali e verificare la fattibilità tecnica e normativa di un nuovo impianto cucina. Se fino a non troppo tempo fa la legge in materia era abbastanza restrittiva e per aprire un’attività di ristorazione bisognava necessariamente individuare un locale con canna fumaria, le cose oggi sono cambiate. Ciò significa che è possibile aprire un’attività in cui è prevista la cottura di alimenti, anche in contesti dove prima non era permesso.
Approfondiamo l’argomento e vediamo cosa dice la normativa.
Canna fumaria e cappa cucina: la normativa di riferimento
Quando si progetta una cucina professionale, è importante sapere che per l’uso della cappa tradizionale e della cappa a carboni attivi la normativa di riferimento è la UNI 7129:2015, nota anche come “Testo Unico per gli Impianti a Gas”. Nello specifico, questa norma stabilisce che i fumi, i vapori e gli odori generati dalla cottura degli alimenti devono essere convogliati all’esterno dell’edificio attraverso sistemi di evacuazione adeguati, come camini o canne fumarie.
In alcuni contesti è però impossibile eseguire i lavori di realizzazione della canna fumaria, sia per le caratteristiche strutturali degli edifici, sia perché si rischia di deturpare il decoro architettonico dello stabile. Prendendo atto di tali considerazioni, il legislatore ha aperto alla possibilità di ricorrere alla cappa a carboni attivi, ma solo nel rispetto di vincoli precisi.
La cappa a carboni attivi, in base alla normativa attuale, è consentita solo quando non è tecnicamente possibile realizzare una canna fumaria, come in edifici sottoposti a vincoli architettonici o paesaggistici. In questi casi, è comunque necessario ottenere l’autorizzazione degli enti competenti, come l’ufficio tecnico comunale.
Va sottolineato, però, che le disposizioni possono variare da Comune a Comune.
La legge sulla cappa a carboni attivi a Roma
Negli ultimi anni, il Comune di Roma ha aggiornato le norme relative all’uso delle cappe a carboni attivi per le attività di ristorazione e somministrazione. Con la Delibera n. 12/2019, che ha portato all’approvazione dell’art.64 bis nel Regolamento d’Igiene di Roma Capitale, viene sancita la possibilità per le attività commerciali di ricorrere a cappe a carboni attivi, ma solo nei casi in cui non sia possibile installare una canna fumaria, ad esempio per la presenza di vincoli architettonici o ambientali.
In base a quanto stabilito dalla delibera, le cappe a carboni attivi possono essere installate quando la realizzazione di un condotto per la canna fumaria è impraticabile per la salvaguardia di edifici e contesti urbanistici di pregio.
Richiamando il D.Lgl 152/2006 viene inoltre precisato che è possibile installare apparati tecnologici diversi dalla cappa tradizionale se le emissioni sono definite scarsamente rilevanti in relazione all’inquinamento atmosferico o se viene effettuata la cottura degli alimenti utilizzando apparecchiature elettriche. Sono espressamente escluse le friggitorie, classificate come industrie insalubri.
In altre parole, la cappa tradizionale collegata a una canna fumaria rimane la soluzione prioritaria. La decisione di installare una cappa a carboni attivi non è dunque arbitraria, ma deve essere valutata da tecnici qualificati e approvata dagli enti competenti.
Tuttavia, la situazione normativa è diventata più complessa negli ultimi tempi. Alcune recenti sentenze hanno infatti modificato l’interpretazione delle regole. Il TAR del Lazio, con la sentenza n. 8518/2024, ha stabilito che i sistemi filtranti a carboni attivi possono essere utilizzati liberamente, senza bisogno di pareri della Soprintendenza, superando così l’approccio più restrittivo adottato in passato dal Comune e di fatto aprendo la possibilità all’utilizzo anche nelle aree del Comune fuori dal Centro Storico.
Anche il Consiglio di Stato, con l’ordinanza n. 852/2023, si è espresso in favore della libera installazione delle cappe a carboni attivi.
Il risultato? Una normativa in evoluzione, che può essere interpretata in modo diverso a seconda del contesto specifico e delle valutazioni tecniche o amministrative. Le novità introdotte però sono rilevanti perché a numerose attività, in sede di restyling o di nuova apertura, viene offerta l’opportunità di realizzare un angolo cottura al loro interno.
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